Il coraggio di Berlinguer. di Paul Ginsborg
Sapeva come difendere la democrazia, ma non aveva un’idea convincente per farla crescere.
Paul Ginsborg ricorda il leader del Pci
Nel 1994, a dieci anni dalla sua morte, scrissi che nella storia della repubblica a Berlinguer spettava il ruolo del “leader politico che fece di più per salvare l’Italia e la sua democrazia in un periodo di grande travaglio” (Dialogo con Massimo D’Alema, Giunti). Oggi non posso che confermare quel giudizio. Per capire perché, bisogna tornare per un momento dentro la grande crisi della prima parte degli anni settanta.
La storia della repubblica è tragicamente segnata a intervalli regolari da crisi di ogni tipo: politiche, economiche, sociali e culturali. La crisi degli anni settanta fu certamente la più drammatica, e combinava più elementi. Il primo, quello economico, raggiunse il suo culmine nel 1974-1975: la crisi petrolifera aveva colpito l’Italia in modo particolarmente duro, la bilancia dei pagamenti era sempre più in rosso, le aziende più importanti erano fortemente indebitate, l’inflazione cresceva vertiginosamente. Nel 1975 l’inflazione era al 17 per cento, mentre il prodotto nazionale lordo registrava il risultato peggiore dalla fine della guerra: -3,50 per cento, cifra che quasi sicuramente sarà superata dai dati del 2009.
Allo stesso tempo l’Italia diventò uno dei principali teatri di un conflitto internazionale che abbracciava l’intero bacino del Mediterraneo. A est della penisola incombeva il nuovo modello di autoritarismo dei colonnelli greci. A ovest, la penisola iberica era scossa dalla rivoluzione portoghese del 1974-1975 e dalle incerte prospettive che si erano aperte in Spagna dopo la morte di Franco. Il Medio Oriente era in fiamme, la Turchia in mezzo a una guerra civile non dichiarata. Non a caso l’Economist definì il Mediterraneo come il “ventre molle della Nato”.
In Italia questo fu il momento storico delle grandi trame e della grande ondata del terrorismo. Posso solo accennare a questi eventi drammatici, ma per fortuna non tutti gli elementi della crisi coincidevano o convergevano nello stesso momento. Se così fosse stato, quasi sicuramente la democrazia repubblicana non sarebbe sopravvissuta. Nei primi anni settanta troviamo la variegata offensiva della strategia della tensione: le mosse di un ambasciatore americano irresponsabile, Graham Martin, e un capo dei servizi segreti, Vito Miceli, con “tendenze sospette”; la versione italiana particolarmente feroce della stagflazione nel 1974-1975; dal 1973 la crescita del terrorismo di estrema sinistra; alla fine del decennio la loggia P2.
Compromesso storico
I pericoli per la democrazia italiana, quindi, erano reali, e la risposta di Berlinguer – la difesa a oltranza delle istituzioni repubblicane, la creazione di una vasta alleanza democratica nel parlamento e nel paese, il compromesso storico, la netta scelta di campo internazionale per il suo partito (“mi sento più sicuro stando di qua”) – fu all’altezza della situazione.
Dopo il 1945 ogni leader comunista dell’occidente doveva conciliare interessi e lealtà diverse: di partito, di classe, di collocazione internazionale, di nazione. Nella situazione surriscaldata italiana degli anni settanta e sulla scia degli avvenimenti cileni, Berlinguer non esitò. “L’unità del popolo per salvare l’Italia” è il significativo titolo del lungo discorso con cui aprì il quattordicesimo congresso del Pci nel marzo del 1975. E in un discorso parlamentare del luglio 1977 osservò: “Eccezionale è stata la tenuta del paese di fronte alle prove tremende di questi ultimi anni di crisi economica e sociale, di trame antidemocratiche, di crociate integralistiche e di deflagrazione del terrorismo”.
Bisogna notare che questa grande sensibilità ai pericoli dell’epoca e ai possibili esiti catastrofici combaciava fortemente con la personalità di Berlinguer, non cupa ma certamente gravata dal peso della storia. Ma la sua sintonia con il momento, quelle sue antenne così sensibili ai rischi, avevano anche un rovescio della medaglia. Si può dire che Berlinguer avesse una visione lungimirante di come difendere la democrazia italiana, ma non un’idea così convincente di come farla crescere.
Gli anni dopo il 1976 dovevano essere, per usare le sue parole, un periodo di “profondo cambiamento nelle strutture politiche, economiche e sociali”. In realtà furono una continua richiesta di sacrifici, senza le contropartite necessarie per sostenere quella grande ondata di speranza e di richiesta di cambiamento che veniva dal voto del 1976. Ci furono certamente delle riforme in quegli anni, e almeno una fu importantissima, quella che istituiva il servizio sanitario nazionale nel 1978. Il Pci entrava nell’area di governo, ma invece di introdurre nuove e democratiche forme di gestione del potere sembrava adottare le abitudini degli altri partiti.
Ancora nel 1978 Norberto Bobbio notava “un potere ascendente” nella società italiana, il prodotto di anni di mobilitazione di massa nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri. Ma questo “potere ascendente” non trovava gli esiti politici sperati. C’era il bisogno di difendere la democrazia e allo stesso tempo di innovare, di essere – nelle parole di un appunto di Antonio Tatò a Berlinguer del febbraio 1978 – “conservatori e rivoluzionari”.
L’austerità
Questa considerazione mi porta a una seconda questione: l’austerità, una “occasione per trasformare l’Italia”, come recita il titolo di un suo famoso scritto pubblicato dagli Editori Riuniti nel 1977. Tra le voci internazionali che negli anni settanta criticarono il modello di modernità capitalistica, una delle più alte e intelligenti fu quella di Berlinguer. Nelle sue conclusioni al convegno degli intellettuali del 15 gennaio 1977, Berlinguer sostenne la necessità di abbandonare “l’illusione che sia possibile perpetuare un tipo di sviluppo fondato su quella artificiosa espansione dei consumi individuali che è fonte di sprechi, di parassitismi, di privilegi, di dissipazione delle risorse, di dissesto finanziario”.
Nel 1983, al sedicesimo congresso del Pci, in un discorso che per molti aspetti rappresentò il suo testamento morale e politico, tornò sui temi dello spreco, del consumo e del declino: “La società capitalistica contemporanea ha prodotto e produce sempre più un inaridimento dell’uomo… una spinta esasperata al consumismo individuale, alla avidità di denaro, di successo, di potere, considerati il fine primo dell’esistenza umana”.
Di fronte a queste tendenze Berlinguer propose una nuova austerità, concepita non in termini di un angusto puritanesimo, ma come l’accettazione generale del bisogno di invertire le principali tendenze della società moderna, eliminando le distorsioni più vistose. L’austerità era “rigore, efficienza, severità”, ma mirava a creare “una società più giusta, meno diseguale, relativamente più libera, più democratica, più umana”. E doveva farlo non solo all’interno delle società capitalistiche avanzate, ma nei rapporti tra nord e sud del mondo. Come nel caso della sua difesa della democrazia, così nelle sue riflessioni sui consumi e sugli sprechi è difficile non apprezzare le posizioni di Berlinguer, il loro peso anticipatorio, il loro senso di giustizia.
Sul degrado pubblico il leader comunista giocava in casa: aveva uno spiccato senso del pubblico e della necessità di cambiarne radicalmente il volto, di contestare il degrado e l’inefficienza della pubblica amministrazione, la corruzione endemica della vita pubblica italiana, il ruolo spesso negativo dei partiti. Essendo comunista, Berlinguer aveva anche un’idea forte dell’importanza dei servizi pubblici: gli asili nidi, le scuole e (guarda caso) il servizio sanitario nazionale, così fortemente voluto da lui e da suo fratello Giovanni.
In questo campo i loro discorsi dell’epoca risuonano forti e chiari ancora oggi. La stessa cosa si può dire per i rapporti tra nord e sud del mondo. Berlinguer dimostrava una sensibilità forte verso quei “due terzi del mondo, che non tollerano più di vivere in condizioni di fame, di miseria, di inferiorità rispetto ai popoli e ai paesi che hanno finora dominato la vita mondiale”.
Ma l’austerità era anche una critica incessante ai consumi privati, e qui Berlinguer si trovava su un terreno molto più insidioso. I comunisti italiani avevano sempre dedicato molta attenzione al mondo della produzione, ma molto meno a quello del consumo. La critica di Berlinguer resta generica, manca una prima tipologia dei consumi privati, una vera capacità di operare distinzioni nel mondo della cultura materiale e immateriale.
Questa lacuna ha molto a che fare con l’analisi berlingueriana della crisi di cui ho parlato prima. Un’analisi spesso catastrofica, che lasciava poco spazio a una dialettica più sfumata. I consumi privati moderni avevano certamente forti elementi di futilità. Ma avevano anche elementi liberatori che non andavano sottovalutati in nessun modo: le possibilità di ampliare le scelte individuali, di viaggiare, di comunicare, di rispondere ai desideri in quel campo che il sociologo Colin Campbell ha definito “edonismo immaginativo autonomo”.
Tutto questo non corrisponde al concetto di “austerità”, e non a caso la proposta di Berlinguer ha avuto vita breve. La sua intuizione era giusta, ma la parola “austerità” non era quella adatta e la condanna dei consumi individuali troppo indiscriminata. Nel mondo contemporaneo l’individualismo non si traduce automaticamente in egoismo e atomizzazione. Il consumismo moderno non è solo inaridimento dell’uomo. è soprattutto una ricerca di identità in un mondo insicuro e di nuovo in crisi. Il massimo tributo che possiamo offrire a Berlinguer è cercare di andare oltre il punto in cui fu costretto a passare il testimone, e soddisfare pienamente questo bisogno di identità, che si basa senz’altro sull’individuo, ma in un nuovo contesto collettivo che dobbiamo ancora costruire insieme.
Paul Ginsborg è uno storico britannico. Insegna storia dell’Europa contemporanea all’università degli studi di Firenze. Il suo ultimo libro è La democrazia che non c’è (Einaudi 2006).
Questo articolo è il testo del discorso tenuto alla camera dei deputati durante la commemorazione di Enrico Berlinguer, organizzata dal Partito democratico il 21 maggio 2009.
[Fonte Internazionale]
La questione morale. Ieri e oggi
di Eugenio Scalfari
«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer.
«I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».
La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...
Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
È quello che io penso.
Per quale motivo?
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.
Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.
E secondo lei non corrisponde alla situazione?
Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.
La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.
Veniamo all'altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.
In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l'andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito "diverso" dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.
Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d'infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C'è da averne paura?
Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?
Veniamo alla seconda diversità.
Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.
Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.
Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.
Non voi soltanto.
È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?
Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un'offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.
Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s'intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l'occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.
Dunque, siete un partito socialista serio...
...nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo...
Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?
No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.
Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c'è o no?
Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c'è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e senza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.
Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.
Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d'accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l'inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell'obiettivo. È anche lei del medesimo parere?
Risponderò nello stesso modo di Mitterand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.
consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità.
Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell' "austerità". Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito...
Noi sostenemmo che le storture produttive e, comunque, la situazione economica dei paesi industrializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.
E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?
Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire. . .
«La Repubblica» 28 luglio 1981
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lunedì 15 giugno 2009
sabato 20 dicembre 2008
Svegliamoci!
La corruzione inconsapevole
che affonda il Paese
di ROBERTO SAVIANO
La cosa enormemente tragica che emerge in questi giorni è che nessuno dei coinvolti delle inchieste napoletane aveva la percezione dell'errore, tantomeno del crimine. Come dire ognuno degli imputati andava a dormire sereno. Perché, come si vede dalle carte processuali, gli accordi non si reggevano su mazzette, ma sul semplice scambio di favori: far assumere cognati, dare una mano con la carriera, trovare una casa più bella a un costo ragionevole. Gli imprenditori e i politici sanno benissimo che nulla si ottiene in cambio di nulla, che per creare consenso bisogna concedere favori, e questo lo sanno anche gli elettori che votano spesso per averli, quei favori. Il problema è che purtroppo non è più solo la responsabilità del singolo imprenditore o politico quando è un intero sistema a funzionare in questo modo.
Oggi l'imprenditore si chiama Romeo, domani avrà un altro nome, ma il meccanismo non cambierà, e per agire non si farà altro che scambiare, proteggere, promettere di nuovo. Perché cosa potrà mai cambiare in una prassi, quando nessuno ci scorge più nulla di sbagliato o di anomalo. Che un simile do ut des sia di fatto corruzione è un concetto che moltissimi accoglierebbero con autentico stupore e indignazione. Ma come, protesterebbero, noi non abbiamo fatto niente di male!
E che tale corruzione non vada perseguitata soltanto dalla giustizia e condannata dall'etica civile, ma sia fonte di un male oggettivo, del funzionamento bloccato di un paese che dovrebbe essere fondato sui meccanismi di accesso e di concorrenza liberi, questo risulta ancora più difficile da cogliere e capire. La corruzione più grave che questa inchiesta svela sta nel mostrarci che persone di ogni livello, con talento o senza, con molta o scarsa professionalità, dovevano sottostare al gioco della protezione, della segnalazione, della spinta.
Non basta il merito, non basta l'impegno, e neanche la fortuna, per trovare un lavoro. La condizione necessaria è rientrare in uno scambio di favori. In passato l'incapace trovava lavoro se raccomandato. Oggi anche la persona di talento non può farne a meno, della protezione. E ogni appalto comporta automaticamente un'apertura di assunzioni con cui sistemare i raccomandati nuovi.
Non credo sia il tempo di convincere qualcuno a cambiare idea politica, o a pensare di mutare voto. Non credo sia il tempo di cercare affannosamente il nuovo o il meno peggio sino a quando si andrà incontro a una nuova delusione. Ma sono convinto che la cosa peggiore sia attaccarsi al triste cinismo italiano per il quale tutto è comunque marcio e non esistono innocenti perché in un modo o nell'altro tutti sono colpevoli. Bisogna aspettare come andranno i processi, stabilire le responsabilità dei singoli. Però esiste un piano su cui è possibile pronunciarsi subito. Come si legge nei titoli di coda del film di Francesco Rosi "Le mani sulla città: "I nomi sono di fantasia ma la realtà che li ha prodotti è fedele".
Indipendentemente dalle future condanne o assoluzioni, queste inchieste della magistratura napoletana, abruzzese e toscana dimostrano una prassi che difficilmente un politico - di qualsiasi colore - oggi potrà eludere. Non importa se un cittadino voti a destra o a sinistra, quel che bisogna chiedergli oggi è esclusivamente di pretendere che non sia più così. Non credo siano soltanto gli elettori di centrosinistra a non poterne più di essere rappresentati da persone disposte sempre e soltanto al compromesso. La percezione che il paese stia affondando la hanno tutti, da destra a sinistra, da nord a sud. E come in ogni momento di crisi, dovrebbero scaturirne delle risorse capaci di risollevarlo. Il tepore del "tutto è perduto" lentamente dovrebbe trasformarsi nella rovente forza reattiva che domanda, esige, cambia le cose. Oggi, fra queste, la questione della legalità viene prima di ogni altra.
L'imprenditoria criminale in questi anni si è alleata con il centrosinistra e con il centrodestra. Le mafie si sono unite nel nome degli affari, mentre tutto il resto è risultato sempre più spaccato. Loro hanno rinnovato i loro vertici, mentre ogni altra sfera di potere è rimasta in mano ai vecchi. Loro sono l'immagine vigorosa, espansiva, dinamica dell'Italia e per non soccombere alla loro proliferazione bisogna essere capaci di mobilitare altrettante energie, ma sane, forti, mirate al bene comune. Idee che uniscano la morale al business, le idee nuove ai talenti.
Ho ricevuto l'invito a parlare con i futuri amministratori del Pd, così come l'invito dell'on del Pdl Granata ad andare a parlare a Palermo con i giovani del suo partito. Credo sia necessario il confronto con tutti e non permettere strumentalizzazioni. Le organizzazioni criminali amano la politica quando questa è tutta identica e pronta a farsi comprare. Quando la politica si accontenta di razzolare nell'esistente e rinuncia a farsi progetto e guida. Vogliono che si consideri l'ambito politico uno spazio vuoto e insignificante, buono solo per ricavarne qualche vantaggio. E a loro come a tutti quelli che usano la politica per fini personali, fa comodo che questa visione venga condivisa dai cittadini, sia pure con tristezza e rassegnazione.
La politica non è il mio mestiere, non mi saprei immaginare come politico, ma è come narratore che osserva le dinamiche della realtà che ho creduto giusto non sottrarmi a una richiesta di dialogo su come affrontare il problema dell'illegalità e della criminalità organizzata. Il centrosinistra si è creduto per troppo tempo immune dalla collusione quando spesso è stato utilizzato e cooptato in modo massiccio dal sistema criminale o di malaffare puro e semplice, specie in Campania e in Calabria. Ma nemmeno gli elettori del centrodestra sono felici di sapere i loro rappresentanti collusi con le imprese criminali o impegnati in altri modi a ricavare vantaggi personali. Non penso nemmeno che la parte maggiore creda davvero che sia in atto un complotto della magistratura. Si può essere elettori di centrodestra e avere lo stesso desiderio di fare piazza pulita delle collusioni, dei compromessi, di un paese che si regge su conoscenze e raccomandazioni.
Credo che sia giunto il tempo di svegliarsi dai sonni di comodo, dalle pie menzogne raccontate per conforto, così come è tempo massimo di non volersela cavare con qualche pezza, quale piccola epurazione e qualche nome nuovo che corrisponda a un rinnovamento di facciata. Non ne rimane molto, se ce n'è ancora. Per nessuno. Chi si crede salvo, perché oggi la sua parte non è stata toccata dalla bufera, non fa che illudersi. Per quel che bisogna fare, forse non bastano nemmeno i politici, neppure (laddove esistessero) i migliori. In una fase di crisi come quella in cui ci troviamo, diviene compito di tutti esigere e promuovere un cambiamento.
Svegliarsi. Assumersi le proprie responsabilità. Fare pressione. È compito dei cittadini, degli elettori. Ognuno secondo la sua idea politica, ma secondo una richiesta sola: che si cominci a fare sul serio, già da domani.
(20 dicembre 2008)
da: www.repubblica.it
che affonda il Paese
di ROBERTO SAVIANO
La cosa enormemente tragica che emerge in questi giorni è che nessuno dei coinvolti delle inchieste napoletane aveva la percezione dell'errore, tantomeno del crimine. Come dire ognuno degli imputati andava a dormire sereno. Perché, come si vede dalle carte processuali, gli accordi non si reggevano su mazzette, ma sul semplice scambio di favori: far assumere cognati, dare una mano con la carriera, trovare una casa più bella a un costo ragionevole. Gli imprenditori e i politici sanno benissimo che nulla si ottiene in cambio di nulla, che per creare consenso bisogna concedere favori, e questo lo sanno anche gli elettori che votano spesso per averli, quei favori. Il problema è che purtroppo non è più solo la responsabilità del singolo imprenditore o politico quando è un intero sistema a funzionare in questo modo.
Oggi l'imprenditore si chiama Romeo, domani avrà un altro nome, ma il meccanismo non cambierà, e per agire non si farà altro che scambiare, proteggere, promettere di nuovo. Perché cosa potrà mai cambiare in una prassi, quando nessuno ci scorge più nulla di sbagliato o di anomalo. Che un simile do ut des sia di fatto corruzione è un concetto che moltissimi accoglierebbero con autentico stupore e indignazione. Ma come, protesterebbero, noi non abbiamo fatto niente di male!
E che tale corruzione non vada perseguitata soltanto dalla giustizia e condannata dall'etica civile, ma sia fonte di un male oggettivo, del funzionamento bloccato di un paese che dovrebbe essere fondato sui meccanismi di accesso e di concorrenza liberi, questo risulta ancora più difficile da cogliere e capire. La corruzione più grave che questa inchiesta svela sta nel mostrarci che persone di ogni livello, con talento o senza, con molta o scarsa professionalità, dovevano sottostare al gioco della protezione, della segnalazione, della spinta.
Non basta il merito, non basta l'impegno, e neanche la fortuna, per trovare un lavoro. La condizione necessaria è rientrare in uno scambio di favori. In passato l'incapace trovava lavoro se raccomandato. Oggi anche la persona di talento non può farne a meno, della protezione. E ogni appalto comporta automaticamente un'apertura di assunzioni con cui sistemare i raccomandati nuovi.
Non credo sia il tempo di convincere qualcuno a cambiare idea politica, o a pensare di mutare voto. Non credo sia il tempo di cercare affannosamente il nuovo o il meno peggio sino a quando si andrà incontro a una nuova delusione. Ma sono convinto che la cosa peggiore sia attaccarsi al triste cinismo italiano per il quale tutto è comunque marcio e non esistono innocenti perché in un modo o nell'altro tutti sono colpevoli. Bisogna aspettare come andranno i processi, stabilire le responsabilità dei singoli. Però esiste un piano su cui è possibile pronunciarsi subito. Come si legge nei titoli di coda del film di Francesco Rosi "Le mani sulla città: "I nomi sono di fantasia ma la realtà che li ha prodotti è fedele".
Indipendentemente dalle future condanne o assoluzioni, queste inchieste della magistratura napoletana, abruzzese e toscana dimostrano una prassi che difficilmente un politico - di qualsiasi colore - oggi potrà eludere. Non importa se un cittadino voti a destra o a sinistra, quel che bisogna chiedergli oggi è esclusivamente di pretendere che non sia più così. Non credo siano soltanto gli elettori di centrosinistra a non poterne più di essere rappresentati da persone disposte sempre e soltanto al compromesso. La percezione che il paese stia affondando la hanno tutti, da destra a sinistra, da nord a sud. E come in ogni momento di crisi, dovrebbero scaturirne delle risorse capaci di risollevarlo. Il tepore del "tutto è perduto" lentamente dovrebbe trasformarsi nella rovente forza reattiva che domanda, esige, cambia le cose. Oggi, fra queste, la questione della legalità viene prima di ogni altra.
L'imprenditoria criminale in questi anni si è alleata con il centrosinistra e con il centrodestra. Le mafie si sono unite nel nome degli affari, mentre tutto il resto è risultato sempre più spaccato. Loro hanno rinnovato i loro vertici, mentre ogni altra sfera di potere è rimasta in mano ai vecchi. Loro sono l'immagine vigorosa, espansiva, dinamica dell'Italia e per non soccombere alla loro proliferazione bisogna essere capaci di mobilitare altrettante energie, ma sane, forti, mirate al bene comune. Idee che uniscano la morale al business, le idee nuove ai talenti.
Ho ricevuto l'invito a parlare con i futuri amministratori del Pd, così come l'invito dell'on del Pdl Granata ad andare a parlare a Palermo con i giovani del suo partito. Credo sia necessario il confronto con tutti e non permettere strumentalizzazioni. Le organizzazioni criminali amano la politica quando questa è tutta identica e pronta a farsi comprare. Quando la politica si accontenta di razzolare nell'esistente e rinuncia a farsi progetto e guida. Vogliono che si consideri l'ambito politico uno spazio vuoto e insignificante, buono solo per ricavarne qualche vantaggio. E a loro come a tutti quelli che usano la politica per fini personali, fa comodo che questa visione venga condivisa dai cittadini, sia pure con tristezza e rassegnazione.
La politica non è il mio mestiere, non mi saprei immaginare come politico, ma è come narratore che osserva le dinamiche della realtà che ho creduto giusto non sottrarmi a una richiesta di dialogo su come affrontare il problema dell'illegalità e della criminalità organizzata. Il centrosinistra si è creduto per troppo tempo immune dalla collusione quando spesso è stato utilizzato e cooptato in modo massiccio dal sistema criminale o di malaffare puro e semplice, specie in Campania e in Calabria. Ma nemmeno gli elettori del centrodestra sono felici di sapere i loro rappresentanti collusi con le imprese criminali o impegnati in altri modi a ricavare vantaggi personali. Non penso nemmeno che la parte maggiore creda davvero che sia in atto un complotto della magistratura. Si può essere elettori di centrodestra e avere lo stesso desiderio di fare piazza pulita delle collusioni, dei compromessi, di un paese che si regge su conoscenze e raccomandazioni.
Credo che sia giunto il tempo di svegliarsi dai sonni di comodo, dalle pie menzogne raccontate per conforto, così come è tempo massimo di non volersela cavare con qualche pezza, quale piccola epurazione e qualche nome nuovo che corrisponda a un rinnovamento di facciata. Non ne rimane molto, se ce n'è ancora. Per nessuno. Chi si crede salvo, perché oggi la sua parte non è stata toccata dalla bufera, non fa che illudersi. Per quel che bisogna fare, forse non bastano nemmeno i politici, neppure (laddove esistessero) i migliori. In una fase di crisi come quella in cui ci troviamo, diviene compito di tutti esigere e promuovere un cambiamento.
Svegliarsi. Assumersi le proprie responsabilità. Fare pressione. È compito dei cittadini, degli elettori. Ognuno secondo la sua idea politica, ma secondo una richiesta sola: che si cominci a fare sul serio, già da domani.
(20 dicembre 2008)
da: www.repubblica.it
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martedì 9 dicembre 2008
Tutte le donne del Presidente
di Alexander Stille
Galante, seduttore, dongiovanni. Il sesso è un ingrediente fondamentale dell’immagine di Silvio Berlusconi. A 72 anni, è sopravvissuto a 17 processi penali senza una condanna deinitiva. L’opinione pubblica italiana non si scandalizza né s’indigna più. A gennaio la procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi, depositando gli estratti di oltre mille intercettazioni telefoniche. In queste conversazioni la televisione pubblica italiana appare come il “divano del peccato” usato da Berlusconi per fare favori ad aspiranti attrici (le fanciulle mie, le chiama) e cercare di far cadere il governo. L’inchiesta non ha avuto nessuna conseguenza politica. Alle elezioni di aprile Berlusconi è tornato trionfalmente al potere con la sua coalizione di centrodestra, il Popolo delle libertà, dopo meno di due anni passati all’opposizione. All’inizio dell’estate, però, quando i procuratori di Napoli hanno reso noto che esistevano centinaia di altre intercettazioni, di natura puramente personale, e ne hanno chiesto la distruzione, la stampa si è messa in moto. Macché abuso di potere, altro che reati penali, parliamo di sesso! I giornali italiani hanno fatto circolare l’ipotesi che i nastri contenessero notizie piccanti su Berlusconi e tre donne del suo governo. Le voci sulle possibili scappatelle del Cavaliere sono spesso deformate dalle simpatie politiche: i suoi nemici credono alla storia del settantenne decrepito che per fare sesso deve ricorrere alle pompette per il pene e a misteriose iniezioni; i sostenitori lo dipingono come un instancabile dongiovanni in grado di soddisfare due o tre donne alla volta. Durante la campagna elettorale, Berlusconi ha contribuito ad alimentare le chiacchiere vantandosi di quanto fossero belle le candidate del suo partito rispetto alle donne del centrosinistra. E quando la sua coalizione ha riservato il trenta per cento delle candidature alle donne, ha osservato che si stava scatenando una “corsa a dire che sono fidanzate mie e di Gianfranco”, riferendosi a Gianfranco Fini, il presidente della camera e suo principale alleato. “Siamo un po’ superman, diciamolo chiaro, da quel punto di vista, ma certi numeri non ce li possiamo permettere”, ha aggiunto. In ogni caso, Berlusconi ha portato in parlamento, e perino nel suo governo, un certo numero di ex soubrette diventate famose nel suo impero televisivo. Antonio Di Pietro, un ex magistrato che guida uno dei principali partiti di opposizione, ha deinito pubblicamente Berlusconi un magnaccia – termine colorito riservato a chi sfrutta la prostituzione – per il tempo che ha dedicato a trovare lavoro alle “veline” invece di risolvere i problemi del paese. Durante una manifestazione che si è svolta a Roma l’estate scorsa, la comica italiana Sabina Guzzanti, parlando di una delle donne nominate al governo da Berlusconi, ha detto: “Non puoi mettere alle pari opportunità una che sta lì perché t’ha succhiato l’uccello!”. La ministra in questione è Mara Carfagna, ex candidata al titolo di miss Italia ed ex showgirl che ha lavorato nelle tv Mediaset prima di approdare in parlamento (Carfagna ha querelato Sabina Guzzanti per diffamazione e ha seccamente negato qualunque relazione sessuale con Berlusconi). Vittorio Feltri, direttore del giornale di destra Libero, non la pensa come Guzzanti. “Se fossi Berlusconi non mi preoccuperei”, ha detto Feltri. “Anche Mussolini aveva le sue donne. Abbiamo bisogno di un presidente del consiglio, non di un monaco trappista”. Dalla tv al Transatlantico Berlusconi parla apertamente di sesso e non nasconde di essersi sottoposto a un lifting e a un trapianto di capelli. In politica unisce forme arcaiche di autorità a tratti moderni di carisma mediatico. Il Corriere della Sera di recente ha pubblicato un suo commento – fra il tronio e il lamentoso – sul fatto che la gente lo tratta come un re dai poteri taumaturgici: “La gente mi tira per la giacca, le mamme incinte mi chiedono di mettere la mano sulla loro pancia, altri sugli occhi perché ci vedono poco. Qualcuno, pensate, sulla testa perché ha pochi capelli. Ma in quel caso mi basta dare il numero di telefono del mio medico”. Oltre alle sue ipotetiche ex amanti, Berlusconi ha portato nel nuovo parlail mento tre avvocati penalisti che lo hanno difeso in tribunale (oggi preparano proposte di legge per aiutare il loro cliente), il suo consulente iscale, alcuni coimputati nei processi per corruzione, una lunga serie di manager ed ex manager delle sue aziende, redattori e direttori dei suoi giornali e il suo medico personale. Di conseguenza il palazzo dove ha sede la camera dei deputati, progettato in parte dal Bernini, con i suoi splendidi pavimenti di marmo e i sofitti altissimi, è diventato la nuova via Veneto. Il centro della vita sociale è un magniico salone, il Transatlantico, dove i parlamentari siedono in comodi divani di pelle oppure chiacchierano in piedi con colleghi e giornalisti. Un giorno mi trovavo lì e ho sentito bisbigliare “Ecco la Carfagna!” mentre la tanto discussa ministra delle pari opportunità si muoveva tra la folla. La Carfagna ha subìto un’enorme trasformazione dai tempi in cui lavorava in tv e indossava minigonne e camicette scollate. L’estate scorsa in Italia spopolava un video online intitolato Mi guardano il culo pure in Germania, in cui si vede Mara Carfagna che fa la ballerina e viene piroettata in aria, con la gonna sollevata fino alla vita. Ora ha un taglio di capelli corto e severo (ma molto alla moda) e indossa sobri tailleur grigi, però ha solo 32 anni e i grandi occhi castani la fanno sembrare ancora più giovane. Quel giorno era tallonata da un assistente che teneva alla larga i giornalisti. Parlare dei pettegolezzi della stampa, ha spiegato, “non rientra nel mio mandato di ministro”. Decisamente meno sobria è Michela Vittoria Brambilla, sottosegretaria alla presidenza del consiglio con delega al turismo. Anche lei ex concorrente a miss Italia, ha condotto il programma televisivo I misteri della notte, dedicato alla vita notturna delle città di tutto il mondo (un cliccatissimo video di YouTube la mostra mentre visita un club sadomaso di Barcellona con tanto di uomini al guinzaglio, donne a seno nudo e vigorosi massaggi con frutta esotica). Vittoria Brambilla ha lavorato anche come giornalista in tv prima di passare a dirigere l’impresa di famiglia nell’industria dell’acciaio. Sembra che l’incarico al turismo sia stato una scelta di ripiego: visto il suo amore per gli animali si dice che volesse diventare ministro per l’ambiente. Ha ancora un aspetto da diva della tv, con i lunghi capelli rossi, la camicetta scollata, le minigonne cortissime e i sandali “alla schiava” con 12 centimetri di tacco e un’elaborata rete di lacci di pelle che s’inerpica sui polpacci. Al suo confronto la ministra dell’istruzione è una donna molto sobria: Mariastella Gelmini ha 35 anni e non solo non proviene dal mondo dello spettacolo, ma ha addirittura una certa esperienza politica, anche se breve. Tra una votazione e l’altra, Niccolò Ghedini, uno degli avvocati di Berlusconi, si aggira intorno al bar del Transatlantico mangiando ciliegie. Negli ultimi anni ha fatto la spola tra il tribunale di Milano, dove Berlusconi è stato processato per corruzione, e il parlamento, dove ha contribuito a scrivere una serie di leggi che hanno aiutato a tenere fuori dai guai il presidente del consiglio e alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Quando l’ho incontrato, mi ha spiegatocon calma e pazienza perché era giusto fare una legge per consentire all’impero televisivo di Berlusconi, Mediaset, di conservare la frequenza di un canale che in base alla legge italiana e alle normative europee è stata assegnata a qualcun altro (secondo lui le restrizioni alla proprietà televisiva non hanno senso nell’era della tv digitale). Mi ha anche spiegato perché è stato necessario garantire a Berlusconi l’immunità da qualunque procedimento giudiziario inché resterà presidente del consiglio (la magistratura italiana è totalmente indipendente, perciò, sostiene Ghedini, è fondamentale che il governo si tuteli). Questa legge ha bloccato un processo ormai vicino alla sentenza in cui il premier era accusato di aver pagato il suo avvocato britannico per testimoniare il falso in due processi. Uno riguardava l’apertura di un conto bancario segreto all’estero controllato dalla Fininvest, la holding di Berlusconi, per inanziare il leader socialista Bettino Craxi (sia Berlusconi sia l’avvocato britannico respingono ogni accusa). Più recentemente, Berlusconi ha cercato di far approvare un disegno di legge per limitare l’uso delle intercettazioni in tutte le indagini che non riguardano il terrorismo o la maia. Il progetto prevede ino a tre anni di carcere per i giornalisti che le pubblicano. Colpo grosso È difficile non restare affascinati dall’onorevole Umberto Scapagnini, il medico personale di Berlusconi, che è entrato nella cerchia del presidente grazie alle sue teorie sulla longevità. Scapagnini ha prescritto al premier un regime speciale composto di dieta, esercizio fisico, amminoacidi, vitamine e antiossidanti. “Berlusconi è il più straordinario soggetto psicofisico che abbia mai esaminato”, mi ha detto Scapagnini. “E non lo dico per piaggeria. Sono uno scienziato di fama internazionale, non ho bisogno di adulare nessuno”. Scapagnini, che ha viaggiato lungo la via della seta e studiato le abitudini alimentari degli abitanti di Okinawa per scoprire i segreti della loro longevità, ha contribuito a sviluppare un metodo per calcolare quella che chiama la vera età biologica di una persona (la misurazione di certi ormoni più un esame di 50 ilamenti di dna e del sistema immunitario del soggetto). L’età biologica, afferma il medico, può essere molto diversa dall’età reale. “Berlusconi è 15 anni più giovane della sua età anagraica”, sostiene Scapagnini. “Il suo sistema immunitario e la sua capacità di resistenza sono fuori dal comune. Ha una personalità magnetica e una straordinaria capacità di comunicazione. Tra tutti i pazienti che ho esaminato è forse quello che ha la possibilità di vivere più a lungo. Se lo vede in costume da bagno, ha il tono e la muscolatura di un uomo molto, molto più giovane”. Scapagnini spera di tenere in vita il presidente del consiglio ino a 120 anni, un’età che ritiene perfettamente raggiungibile da un essere umano. E le donne? “Sicuramente Berlusconi ha una forte personalità sessuale e loro ne sono fortemente attratte”, spiegaScapagnini. “Ovviamente, per lui come per chiunque di noi, la cosa non dispiace. Ma come tutto quello che riguarda Berlusconi, è diventata subito una leggenda, e il presidente è stato oggetto di una vergognosa violazione della privacy che non sarebbe mai stata permessa negli Stati Uniti”. Il sesso ha sempre avuto un ruolo importante nell’immagine di Berlusconi. La carriera del presidente del consiglio è cominciata nel settore immobiliare a Milano, costruendo quartieri residenziali e introducendo nella zona il modello edilizio del complesso residenziale chiuso in stile americano. Poi è stato il pioniere della tv privata, contribuendo a spezzare il monopolio di stato. Grazie ai forti appoggi politici, ha potuto creare un monopolio virtuale sulla tv privata in Italia: dall’inizio degli anni ottanta è il principale proprietario dei tre maggiori canali privati del paese, che insieme ai canali pubblici rappresentano oltre il 90 per cento dell’intero mercato televisivo. Spesso, quando faceva dei discorsi ai suoi agenti immobiliari, Berlusconi si vantava di come all’inizio della sua carriera fosse riuscito a chiudere un accordo importantissimo seducendo la segretaria di qualcuno. Berlusconi di fatto ha introdotto il sesso nella tv italiana. E ha cambiato la cultura del paese. Per buona parte del secondo dopoguerra, l’Italia è stata dominata da forze piuttosto attente al senso del pudore: la chiesa cattolica (insieme alla Democrazia cristiana) e il Partito comunista. Berlusconi non solo ha portato in Italia Dallas e Dynasty, ma ha lanciato un programma come Colpo grosso, uno spogliarello mascherato da gioco a premi che si concludeva invariabilmente con i concorrenti – un uomo e una donna – in mutande. Berlusconi non ha avuto scrupoli nell’usare i suoi contatti negli ambienti televisivi per fare carriera in politica. È possibile farsene un’idea grazie a un’intercettazione del 1986, dopo che Bettino Craxi era diventato presidente del consiglio e aveva aiutato Berlusconi ad assicurarsi un monopolio di fatto sulla tv privata in Italia. All’epoca la polizia intercettò una telefonata tra Berlusconi e uno dei suoi più stretti collaboratori, Marcello Dell’Utri, sospettato di riciclare soldi per la mafia (nel 2004 è stato condannato per associazione maiosa ed è ricorso in appello). Il 31 dicembre 1986 Dell’Utri e Berlusconi si scambiano gli auguri di buon anno e la conversazione passa al sesso: Berlusconi: Iniziamo male l’anno! Dell’Utri: Perché male? Berlusconi: Perché dovevano venire due di Drive In e ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori della grazia di Dio! Dell’Utri: Ah! Ma che te ne frega di Drive In? Berlusconi: Che me ne frega? Poi inisce che non scopiamo più! Se non comincia così l’anno, non si scopa più! Il morale del capo L’ultima orgia di pettegolezzi ha avuto origine da un’indagine della procura di Napoli sui rapporti tra Agostino Saccà, ex capo di Rai iction, e Silvio Berlusconi. I magistrati sostengono che Saccà ha usato la sua posizione per fare dei favori a Berlusconi in cambio del suo aiuto per creare una società di produzione privata in Calabria, un progetto che stava cercando di avviare mentre era ancora pagato dallo stato. “Io sai che poi ti ricambierò dall’altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a... eh? A darti u n g r a n d e s o s t e g n o ”, avrebbe detto Berlusconi a Saccà. È proprio quello che molti temevano quando Berlusconi è entrato in politica: che potesse usare il suo potere di uomo più ricco del paese per distorcere la funzione di governo, per corrompere, di fatto, un dipendente pubblico in modo che servisse i suoi interessi privati invece di quelli pubblici. Alcune di queste intercettazioni sono state ottenute del settimanale L’Espresso e pubblicate sul suo sito. Registrate nel 2007, quando Berlusconi non era al potere, sono un capolavoro di piaggeria: Saccà: Presidente! Buonasera... come sta... Presidente!”. Berlusconi: Si sopravvive… Saccà: Eh... Vabbè, ma alla grande, voglio dire, anche se tra dificoltà, cioè io... Lei è sempre più amato nel paese... Berlusconi: Politicamente, sul piano zero… Saccà: Sì. Berlusconi: Socialmente, mi scambiano... Mi hanno scambiato per il papa... Saccà: Appunto dico, lei è amato proprio nel paese, guardi glielo dico senza nessuna piaggeria… Ma è stupendo, perché c’era bisogno… C’è un vuoto che lei copre anche emotivamente... Cioè vuol dire... Per cui la gente... Proprio... È cosi... Lo registriamo... Poi passano al motivo della telefonata. Berlusconi ha bisogno d’aiuto per conservare al centrodestra il controllo della Rai, anche se al governo c’è il centrosinistra. Saccà: Lei è l’unica persona che non mi ha chiesto mai niente... Voglio dire... Berlusconi: Io qualche volta di donne... E ti chiedo... Perché... Per sollevare il morale del capo... Poi Berlusconi passa a un nuovo argomento: vuole far lavorare due attrici, una delle quali per uno scopo esplicitamente politico. Saccà, da bravo dispensatore di favori, non vuole sapere perché. Berlusconi: Ti spiego che cos’è questa qui... Saccà: Ma no, Presidente, non mi deve spiegare niente. Berlusconi: No, te lo spiego: io sto cercando di avere… Saccà: Presidente, lei è la persona più civile, più corretta… Berlusconi: Io sto cercando di avere la maggioranza in senato… E questa Evelina Manna può essere… Perché mi è stata richiesta da qualcuno con cui sto trattando. In quel periodo, Berlusconi stava cercando di far cadere il governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi, che al senato poteva contare solo su un voto di maggioranza. Un senatore sostiene che un esponente del centrodestra gli offrì una cospicua somma per cambiare schieramento, e in questa telefonata Berlusconi lascia chiaramente intendere che spera di ottenere una parte per un’attrice per conto di un senatore del centrosinistra, allo scopo di far cadere il governo. Saccà e Berlusconi negano di aver fatto qualcosa di illecito e Saccà afferma che le due attrici citate nella conversazione hanno avuto solo un’audizione, e non un contratto. Saccà è ancora indagato e i suoi avvocati hanno cercato di fare archiviare il caso. Altre intercettazioni fanno capire ino a che punto Berlusconi controllava la Rai mentre era all’opposizione, pur essendo il maggior proprietario della di- retta concorrente, Mediaset. Deborah Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi, era stata assunta alla Rai, come direttrice del marketing, nel 2002. Nel 2007 alcune voci la dipingevano come una sorta di agente di Mediaset all’interno del sistema televisivo pubblico. Era spesso al telefono con gli ex colleghi di Mediaset, coordinando i programmi e discutendo come andavano presentate le notizie. In una conversazione del 2005 parlava di come limitare le notizie sulla morte del papa per non scoraggiare il voto cattolico alle elezioni regionali. Quando il centrodestra è stato sconitto, Bergamini e i suoi colleghi hanno cercato in tutti i modi di ritardare l’uscita della notizia, per essere sicuri che ci fossero meno spettatori, e poi hanno trasmesso i dati nel modo più confuso possibile. Bergamini, che nega ogni collusione con Mediaset, è stata allontanata dalla Rai quando le conversazioni sono diventate di dominio pubblico, ma ha ricevuto 390mila euro di buonuscita. Oggi anche lei siede in parlamento. Gabri, Nunzia e Virginia Prima di lasciare la presidenza del consiglio nel 2006, Berlusconi ha fatto approvare una nuova legge elettorale che garantisce ai leader di partito un potere quasi assoluto sulle candidature. In passato gli elettori potevano votare i singoli candidati. Con la nuova legge, gli italiani possono votare solo per i partiti, e sono i capi dei partiti a decidere le liste elettorali. Chi è in cima alla lista ha maggiori possibilità di essere eletto, mentre le probabilità diminuiscono via via che si scende di posizione. Puoi diventare onorevole solo se hai il benestare del leader di partito. “Sono come il principe azzurro con le zucche: li ho fatti diventare tutti onorevoli”, ha detto una volta Berlusconi riferendosi al suo gruppo parlamentare. La legge prevede anche un premio di maggioranza: un numero di seggi extra per garantire la solidità della coalizione di governo. Recentemente, durante una seduta parlamentare, Berlusconi ha proposto di far votare in parlamento solo i leader di partito, assegnando di fatto a tutti gli altri parlamentari un ruolo puramente decorativo. “Stiamo andando verso un per due mesi e mezzo. La proposta venne formalizzata con un decreto uficiale, improvvisamente ritirato quando la stampa lo venne a sapere. Ma Sanjust in seguito ottenne uno show alla Rai, e l’ex marito, che lavorava per i servizi segreti, ebbe un trasferimento molto ambito. Poi, quando lui e l’ex moglie rimasero invischiati in una battaglia per l’afidamento del iglio, Armati fu rimosso dall’incarico. I legali di Berlusconi ripetono che non ha fatto niente di male e che voleva solo aiutare una giovane donna in dificoltà. Grazie alle norme che i suoi avvocati hanno fatto approvare dal parlamento per garantire l’immunità al presidente del consiglio in carica, anche in questo caso – come in quello di Saccà – probabilmente non sapremo mai se Berlusconi ha violato la legge o meno. Da buon agente dei servizi segreti, Armati ha documentato i rapporti della ex moglie con Berlusconi per possibili usi futuri. Sostiene che Sanjust usò il suo ascendente su Berlusconi per far rimuovere l’ex marito dal suo incarico nei servizi e fargli tagliare drasticamente lo stipendio. Armati ha esposto la sua versione dei fatti in una denuncia presentata al tribunale dei ministri, che giudica eventuali reati commessi dai titolari dei diversi dicasteri. Tra le accuse c’è anche quella, respinta dagli avvocati, che Berlusconi avrebbe dato a Sanjust grosse somme di denaro contante. Anche se non ci sono le prove dei presunti versamenti di denaro, sembra che siano stati presi accordi perché Sanjust potesse vivere in un appartamento affacciato su Campo de’ Fiori (una delle piazze più belle di Roma) dove in precedenza aveva vissuto Armati. Ufficialmente l’appartamento era stato comprato da Salvatore Sciascia, direttore dei servizi iscali della Fininvest, condannato per aver corrotto dei funzionari della guardia di finanza per conto di Berlusconi. Invece di licenziare Sciascia per il suo ruolo nella vicenda delle tangenti, Berlusconi lo ha portato al senato. È uno dei molti senatori che sono stati condannati per reati gravi. Arretrati e sessisti Niente di tutto questo preoccupa l’opinione pubblica italiana. Ed è un fatto che la dice lunga sull’opposizione di centrosinistra. “Il vero dramma qui non è la farsa del sesso, ma il crollo totale del centrosinistra e la sua frammentazione”, modello di democrazia di tipo sudamericano”, afferma Bruno Tabacci, un esponente della vecchia guardia democristiana che sicuramente non è un estremista. Tabacci oggi è all’opposizione, ma ha fatto parte della coalizione di centrodestra di Berlusconi dal 2001 al 2006. In quel periodo ha votato contro le leggi in materia di giustizia penale che sembravano scritte apposta per favorire Berlusconi e i suoi coimputati. Ma con le nuove regole questo dissenso interno è impossibile, spiega: “Oggi i parlamentari sono sostanzialmente nominati, e non eletti. Il parlamento è moribondo”. Gerardo D’Ambrosio, un senatore di centrosinistra che ha fatto il giudice per oltre quarant’anni prima di entrare in politica, è ancora più categorico: da quando Berlusconi ha introdotto l’abitudine di impedire il dibattito sulle leggi importanti chiedendo il voto di iducia, “il parlamento è diventato una farsa”. All’inizio della nuova legislatura un fotografo con il teleobiettivo è riuscito a inquadrare il testo di un biglietto mandato da Berlusconi a due giovani deputate, Gabriella Giammanco e Nunzia De Girolamo, nell’aula della camera: Gabri, Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, vi autorizzo ad andarvene!... Molti baci a tutte e due!!! Il “vostro” presidente. Il fotografo ha colto anche l’inizio della loro risposta: Caro (Presidente) gli inviti galanti li accettiamo solo da lei. Cinque anni fa, Berlusconi vide una graziosa presentatrice televisiva di 26 anni, Virginia Sanjust di Teulada, che dava la notizia di un decreto legge approvato dal suo governo. Il giorno dopo le mandò un sontuoso mazzo di iori con un biglietto di congratulazioni. Lei rispose con un biglietto di ringraziamento dove era indicato il suo numero di cellulare. Subito il premier la chiamò per invitarla a pranzo a palazzo Chigi. Lei accettò. Dopo pranzo, secondo il racconto del suo ex marito, Federico Armati, Berlusconi le avrebbe regalato un braccialetto di brillanti offrendole un contratto di consulenza alla presidenza del consiglio, con un compenso di 36mila euromi dice un amico. La rielezione di Berlusconi, che pure aveva alle spalle due mandati poco brillanti, è dovuta al fallimento del governo di centrosinistra guidato da Prodi, sopravvissuto per appena 18 mesi. Con una maggioranza di un solo voto al senato e una coalizione di nove partiti che non riuscivano a mettersi d’accordo su niente, il governo Prodi è stato incapace di affrontare i gravi problemi del paese, tra cui la lunga crisi dei riiuti a Napoli. Per questo la maggioranza degli italiani non ha esitato a concedere a Berlusconi un potere decisionale straordinario. Appena eletto, ha abolito la tassa di proprietà sulla prima casa, un’iniziativa accolta con grande favore. Facendo intervenire l’esercito, si è mosso rapidamente per togliere la spazzatura dalle strade di Napoli, rivendicando il merito di aver restituito la città al mondo occidentale in appena 58 giorni. Resta il fatto che negli ultimi quattordici anni, cioè da quando Berlusconi domina la scena politica del paese, l’Italia ha subìto un grave declino. Il capitalismo dei vecchi amici si è dimostrato non minile di tutti i grandi paesi europei: un grave ostacolo alla crescita economica e alla produttività, che spiega in parte perché il paese è rimasto in fondo alla classiica dei paesi industrializzati. Uno studio recente della Banca d’Italia ha rivelato che se le donne italiane avessero gli stessi livelli occupazionali degli uomini, il pil del paese sarebbe più alto di 17 punti. Altri studi collegano la natalità italiana, tra le più basse del mondo, all’estrema diseguaglianza tra uomini e donne. Ed è dificile che il potere taumaturgico di Berlusconi possa guarire anche questi mali. p gc solo ineficiente, ma anche corrotto. All’inizio degli anni novanta, il pil italiano era superiore di circa 15 punti a quello della Gran Bretagna, ora è più basso di 23 punti. Quando Wall street è crollata e la crisi inanziaria ha investito l’Europa, Berlusconi ha esortato i connazionali a non nascondere i soldi sotto il materasso, raccomandando di comprare azioni (in particolare quelle di Mediaset) e continuare a spendere. Il quotidiano La Repubblica ha raccontato che mentre andava in una discoteca di Milano Berlusconi ha detto: “Se dormo tre ore, poi ho ancora energia per fare l’amore per altre tre”. La catastrofe finanziaria ha solo aumentato il suo potere, perché come presidente del consiglio avrà senza dubbio il controllo dei fondi pubblici stanziati per le operazioni di salvataggio delle aziende private. Perino il sessismo dilagante nei confronti delle donne in politica – il fatto che siano diventate un semplice ornamento politico – non è privo di conseguenze economiche. L’Italia ha la più bassa percentuale di occupazio femminile di tutti i grandi paesi europei: un grave ostacolo alla crescita economica e alla produttività, che spiega in parte perché il paese è rimasto in fondo alla classiica dei paesi industrializzati. Uno studio recente della Banca d’Italia ha rivelato che se le donne italiane avessero gli stessi livelli occupazionali degli uomini, il pil del paese sarebbe più alto di 17 punti. Altri studi collegano la natalità italiana, tra le più basse del mondo, all’estrema diseguaglianza tra uomini e donne. Ed è dificile che il potere taumaturgico di Berlusconi possa guarire anche questi mali.
“Internazionale” n. 773 già in "New Yorker"
di Alexander Stille
Galante, seduttore, dongiovanni. Il sesso è un ingrediente fondamentale dell’immagine di Silvio Berlusconi. A 72 anni, è sopravvissuto a 17 processi penali senza una condanna deinitiva. L’opinione pubblica italiana non si scandalizza né s’indigna più. A gennaio la procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi, depositando gli estratti di oltre mille intercettazioni telefoniche. In queste conversazioni la televisione pubblica italiana appare come il “divano del peccato” usato da Berlusconi per fare favori ad aspiranti attrici (le fanciulle mie, le chiama) e cercare di far cadere il governo. L’inchiesta non ha avuto nessuna conseguenza politica. Alle elezioni di aprile Berlusconi è tornato trionfalmente al potere con la sua coalizione di centrodestra, il Popolo delle libertà, dopo meno di due anni passati all’opposizione. All’inizio dell’estate, però, quando i procuratori di Napoli hanno reso noto che esistevano centinaia di altre intercettazioni, di natura puramente personale, e ne hanno chiesto la distruzione, la stampa si è messa in moto. Macché abuso di potere, altro che reati penali, parliamo di sesso! I giornali italiani hanno fatto circolare l’ipotesi che i nastri contenessero notizie piccanti su Berlusconi e tre donne del suo governo. Le voci sulle possibili scappatelle del Cavaliere sono spesso deformate dalle simpatie politiche: i suoi nemici credono alla storia del settantenne decrepito che per fare sesso deve ricorrere alle pompette per il pene e a misteriose iniezioni; i sostenitori lo dipingono come un instancabile dongiovanni in grado di soddisfare due o tre donne alla volta. Durante la campagna elettorale, Berlusconi ha contribuito ad alimentare le chiacchiere vantandosi di quanto fossero belle le candidate del suo partito rispetto alle donne del centrosinistra. E quando la sua coalizione ha riservato il trenta per cento delle candidature alle donne, ha osservato che si stava scatenando una “corsa a dire che sono fidanzate mie e di Gianfranco”, riferendosi a Gianfranco Fini, il presidente della camera e suo principale alleato. “Siamo un po’ superman, diciamolo chiaro, da quel punto di vista, ma certi numeri non ce li possiamo permettere”, ha aggiunto. In ogni caso, Berlusconi ha portato in parlamento, e perino nel suo governo, un certo numero di ex soubrette diventate famose nel suo impero televisivo. Antonio Di Pietro, un ex magistrato che guida uno dei principali partiti di opposizione, ha deinito pubblicamente Berlusconi un magnaccia – termine colorito riservato a chi sfrutta la prostituzione – per il tempo che ha dedicato a trovare lavoro alle “veline” invece di risolvere i problemi del paese. Durante una manifestazione che si è svolta a Roma l’estate scorsa, la comica italiana Sabina Guzzanti, parlando di una delle donne nominate al governo da Berlusconi, ha detto: “Non puoi mettere alle pari opportunità una che sta lì perché t’ha succhiato l’uccello!”. La ministra in questione è Mara Carfagna, ex candidata al titolo di miss Italia ed ex showgirl che ha lavorato nelle tv Mediaset prima di approdare in parlamento (Carfagna ha querelato Sabina Guzzanti per diffamazione e ha seccamente negato qualunque relazione sessuale con Berlusconi). Vittorio Feltri, direttore del giornale di destra Libero, non la pensa come Guzzanti. “Se fossi Berlusconi non mi preoccuperei”, ha detto Feltri. “Anche Mussolini aveva le sue donne. Abbiamo bisogno di un presidente del consiglio, non di un monaco trappista”. Dalla tv al Transatlantico Berlusconi parla apertamente di sesso e non nasconde di essersi sottoposto a un lifting e a un trapianto di capelli. In politica unisce forme arcaiche di autorità a tratti moderni di carisma mediatico. Il Corriere della Sera di recente ha pubblicato un suo commento – fra il tronio e il lamentoso – sul fatto che la gente lo tratta come un re dai poteri taumaturgici: “La gente mi tira per la giacca, le mamme incinte mi chiedono di mettere la mano sulla loro pancia, altri sugli occhi perché ci vedono poco. Qualcuno, pensate, sulla testa perché ha pochi capelli. Ma in quel caso mi basta dare il numero di telefono del mio medico”. Oltre alle sue ipotetiche ex amanti, Berlusconi ha portato nel nuovo parlail mento tre avvocati penalisti che lo hanno difeso in tribunale (oggi preparano proposte di legge per aiutare il loro cliente), il suo consulente iscale, alcuni coimputati nei processi per corruzione, una lunga serie di manager ed ex manager delle sue aziende, redattori e direttori dei suoi giornali e il suo medico personale. Di conseguenza il palazzo dove ha sede la camera dei deputati, progettato in parte dal Bernini, con i suoi splendidi pavimenti di marmo e i sofitti altissimi, è diventato la nuova via Veneto. Il centro della vita sociale è un magniico salone, il Transatlantico, dove i parlamentari siedono in comodi divani di pelle oppure chiacchierano in piedi con colleghi e giornalisti. Un giorno mi trovavo lì e ho sentito bisbigliare “Ecco la Carfagna!” mentre la tanto discussa ministra delle pari opportunità si muoveva tra la folla. La Carfagna ha subìto un’enorme trasformazione dai tempi in cui lavorava in tv e indossava minigonne e camicette scollate. L’estate scorsa in Italia spopolava un video online intitolato Mi guardano il culo pure in Germania, in cui si vede Mara Carfagna che fa la ballerina e viene piroettata in aria, con la gonna sollevata fino alla vita. Ora ha un taglio di capelli corto e severo (ma molto alla moda) e indossa sobri tailleur grigi, però ha solo 32 anni e i grandi occhi castani la fanno sembrare ancora più giovane. Quel giorno era tallonata da un assistente che teneva alla larga i giornalisti. Parlare dei pettegolezzi della stampa, ha spiegato, “non rientra nel mio mandato di ministro”. Decisamente meno sobria è Michela Vittoria Brambilla, sottosegretaria alla presidenza del consiglio con delega al turismo. Anche lei ex concorrente a miss Italia, ha condotto il programma televisivo I misteri della notte, dedicato alla vita notturna delle città di tutto il mondo (un cliccatissimo video di YouTube la mostra mentre visita un club sadomaso di Barcellona con tanto di uomini al guinzaglio, donne a seno nudo e vigorosi massaggi con frutta esotica). Vittoria Brambilla ha lavorato anche come giornalista in tv prima di passare a dirigere l’impresa di famiglia nell’industria dell’acciaio. Sembra che l’incarico al turismo sia stato una scelta di ripiego: visto il suo amore per gli animali si dice che volesse diventare ministro per l’ambiente. Ha ancora un aspetto da diva della tv, con i lunghi capelli rossi, la camicetta scollata, le minigonne cortissime e i sandali “alla schiava” con 12 centimetri di tacco e un’elaborata rete di lacci di pelle che s’inerpica sui polpacci. Al suo confronto la ministra dell’istruzione è una donna molto sobria: Mariastella Gelmini ha 35 anni e non solo non proviene dal mondo dello spettacolo, ma ha addirittura una certa esperienza politica, anche se breve. Tra una votazione e l’altra, Niccolò Ghedini, uno degli avvocati di Berlusconi, si aggira intorno al bar del Transatlantico mangiando ciliegie. Negli ultimi anni ha fatto la spola tra il tribunale di Milano, dove Berlusconi è stato processato per corruzione, e il parlamento, dove ha contribuito a scrivere una serie di leggi che hanno aiutato a tenere fuori dai guai il presidente del consiglio e alcuni dei suoi più stretti collaboratori. Quando l’ho incontrato, mi ha spiegatocon calma e pazienza perché era giusto fare una legge per consentire all’impero televisivo di Berlusconi, Mediaset, di conservare la frequenza di un canale che in base alla legge italiana e alle normative europee è stata assegnata a qualcun altro (secondo lui le restrizioni alla proprietà televisiva non hanno senso nell’era della tv digitale). Mi ha anche spiegato perché è stato necessario garantire a Berlusconi l’immunità da qualunque procedimento giudiziario inché resterà presidente del consiglio (la magistratura italiana è totalmente indipendente, perciò, sostiene Ghedini, è fondamentale che il governo si tuteli). Questa legge ha bloccato un processo ormai vicino alla sentenza in cui il premier era accusato di aver pagato il suo avvocato britannico per testimoniare il falso in due processi. Uno riguardava l’apertura di un conto bancario segreto all’estero controllato dalla Fininvest, la holding di Berlusconi, per inanziare il leader socialista Bettino Craxi (sia Berlusconi sia l’avvocato britannico respingono ogni accusa). Più recentemente, Berlusconi ha cercato di far approvare un disegno di legge per limitare l’uso delle intercettazioni in tutte le indagini che non riguardano il terrorismo o la maia. Il progetto prevede ino a tre anni di carcere per i giornalisti che le pubblicano. Colpo grosso È difficile non restare affascinati dall’onorevole Umberto Scapagnini, il medico personale di Berlusconi, che è entrato nella cerchia del presidente grazie alle sue teorie sulla longevità. Scapagnini ha prescritto al premier un regime speciale composto di dieta, esercizio fisico, amminoacidi, vitamine e antiossidanti. “Berlusconi è il più straordinario soggetto psicofisico che abbia mai esaminato”, mi ha detto Scapagnini. “E non lo dico per piaggeria. Sono uno scienziato di fama internazionale, non ho bisogno di adulare nessuno”. Scapagnini, che ha viaggiato lungo la via della seta e studiato le abitudini alimentari degli abitanti di Okinawa per scoprire i segreti della loro longevità, ha contribuito a sviluppare un metodo per calcolare quella che chiama la vera età biologica di una persona (la misurazione di certi ormoni più un esame di 50 ilamenti di dna e del sistema immunitario del soggetto). L’età biologica, afferma il medico, può essere molto diversa dall’età reale. “Berlusconi è 15 anni più giovane della sua età anagraica”, sostiene Scapagnini. “Il suo sistema immunitario e la sua capacità di resistenza sono fuori dal comune. Ha una personalità magnetica e una straordinaria capacità di comunicazione. Tra tutti i pazienti che ho esaminato è forse quello che ha la possibilità di vivere più a lungo. Se lo vede in costume da bagno, ha il tono e la muscolatura di un uomo molto, molto più giovane”. Scapagnini spera di tenere in vita il presidente del consiglio ino a 120 anni, un’età che ritiene perfettamente raggiungibile da un essere umano. E le donne? “Sicuramente Berlusconi ha una forte personalità sessuale e loro ne sono fortemente attratte”, spiegaScapagnini. “Ovviamente, per lui come per chiunque di noi, la cosa non dispiace. Ma come tutto quello che riguarda Berlusconi, è diventata subito una leggenda, e il presidente è stato oggetto di una vergognosa violazione della privacy che non sarebbe mai stata permessa negli Stati Uniti”. Il sesso ha sempre avuto un ruolo importante nell’immagine di Berlusconi. La carriera del presidente del consiglio è cominciata nel settore immobiliare a Milano, costruendo quartieri residenziali e introducendo nella zona il modello edilizio del complesso residenziale chiuso in stile americano. Poi è stato il pioniere della tv privata, contribuendo a spezzare il monopolio di stato. Grazie ai forti appoggi politici, ha potuto creare un monopolio virtuale sulla tv privata in Italia: dall’inizio degli anni ottanta è il principale proprietario dei tre maggiori canali privati del paese, che insieme ai canali pubblici rappresentano oltre il 90 per cento dell’intero mercato televisivo. Spesso, quando faceva dei discorsi ai suoi agenti immobiliari, Berlusconi si vantava di come all’inizio della sua carriera fosse riuscito a chiudere un accordo importantissimo seducendo la segretaria di qualcuno. Berlusconi di fatto ha introdotto il sesso nella tv italiana. E ha cambiato la cultura del paese. Per buona parte del secondo dopoguerra, l’Italia è stata dominata da forze piuttosto attente al senso del pudore: la chiesa cattolica (insieme alla Democrazia cristiana) e il Partito comunista. Berlusconi non solo ha portato in Italia Dallas e Dynasty, ma ha lanciato un programma come Colpo grosso, uno spogliarello mascherato da gioco a premi che si concludeva invariabilmente con i concorrenti – un uomo e una donna – in mutande. Berlusconi non ha avuto scrupoli nell’usare i suoi contatti negli ambienti televisivi per fare carriera in politica. È possibile farsene un’idea grazie a un’intercettazione del 1986, dopo che Bettino Craxi era diventato presidente del consiglio e aveva aiutato Berlusconi ad assicurarsi un monopolio di fatto sulla tv privata in Italia. All’epoca la polizia intercettò una telefonata tra Berlusconi e uno dei suoi più stretti collaboratori, Marcello Dell’Utri, sospettato di riciclare soldi per la mafia (nel 2004 è stato condannato per associazione maiosa ed è ricorso in appello). Il 31 dicembre 1986 Dell’Utri e Berlusconi si scambiano gli auguri di buon anno e la conversazione passa al sesso: Berlusconi: Iniziamo male l’anno! Dell’Utri: Perché male? Berlusconi: Perché dovevano venire due di Drive In e ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori della grazia di Dio! Dell’Utri: Ah! Ma che te ne frega di Drive In? Berlusconi: Che me ne frega? Poi inisce che non scopiamo più! Se non comincia così l’anno, non si scopa più! Il morale del capo L’ultima orgia di pettegolezzi ha avuto origine da un’indagine della procura di Napoli sui rapporti tra Agostino Saccà, ex capo di Rai iction, e Silvio Berlusconi. I magistrati sostengono che Saccà ha usato la sua posizione per fare dei favori a Berlusconi in cambio del suo aiuto per creare una società di produzione privata in Calabria, un progetto che stava cercando di avviare mentre era ancora pagato dallo stato. “Io sai che poi ti ricambierò dall’altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a... eh? A darti u n g r a n d e s o s t e g n o ”, avrebbe detto Berlusconi a Saccà. È proprio quello che molti temevano quando Berlusconi è entrato in politica: che potesse usare il suo potere di uomo più ricco del paese per distorcere la funzione di governo, per corrompere, di fatto, un dipendente pubblico in modo che servisse i suoi interessi privati invece di quelli pubblici. Alcune di queste intercettazioni sono state ottenute del settimanale L’Espresso e pubblicate sul suo sito. Registrate nel 2007, quando Berlusconi non era al potere, sono un capolavoro di piaggeria: Saccà: Presidente! Buonasera... come sta... Presidente!”. Berlusconi: Si sopravvive… Saccà: Eh... Vabbè, ma alla grande, voglio dire, anche se tra dificoltà, cioè io... Lei è sempre più amato nel paese... Berlusconi: Politicamente, sul piano zero… Saccà: Sì. Berlusconi: Socialmente, mi scambiano... Mi hanno scambiato per il papa... Saccà: Appunto dico, lei è amato proprio nel paese, guardi glielo dico senza nessuna piaggeria… Ma è stupendo, perché c’era bisogno… C’è un vuoto che lei copre anche emotivamente... Cioè vuol dire... Per cui la gente... Proprio... È cosi... Lo registriamo... Poi passano al motivo della telefonata. Berlusconi ha bisogno d’aiuto per conservare al centrodestra il controllo della Rai, anche se al governo c’è il centrosinistra. Saccà: Lei è l’unica persona che non mi ha chiesto mai niente... Voglio dire... Berlusconi: Io qualche volta di donne... E ti chiedo... Perché... Per sollevare il morale del capo... Poi Berlusconi passa a un nuovo argomento: vuole far lavorare due attrici, una delle quali per uno scopo esplicitamente politico. Saccà, da bravo dispensatore di favori, non vuole sapere perché. Berlusconi: Ti spiego che cos’è questa qui... Saccà: Ma no, Presidente, non mi deve spiegare niente. Berlusconi: No, te lo spiego: io sto cercando di avere… Saccà: Presidente, lei è la persona più civile, più corretta… Berlusconi: Io sto cercando di avere la maggioranza in senato… E questa Evelina Manna può essere… Perché mi è stata richiesta da qualcuno con cui sto trattando. In quel periodo, Berlusconi stava cercando di far cadere il governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi, che al senato poteva contare solo su un voto di maggioranza. Un senatore sostiene che un esponente del centrodestra gli offrì una cospicua somma per cambiare schieramento, e in questa telefonata Berlusconi lascia chiaramente intendere che spera di ottenere una parte per un’attrice per conto di un senatore del centrosinistra, allo scopo di far cadere il governo. Saccà e Berlusconi negano di aver fatto qualcosa di illecito e Saccà afferma che le due attrici citate nella conversazione hanno avuto solo un’audizione, e non un contratto. Saccà è ancora indagato e i suoi avvocati hanno cercato di fare archiviare il caso. Altre intercettazioni fanno capire ino a che punto Berlusconi controllava la Rai mentre era all’opposizione, pur essendo il maggior proprietario della di- retta concorrente, Mediaset. Deborah Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi, era stata assunta alla Rai, come direttrice del marketing, nel 2002. Nel 2007 alcune voci la dipingevano come una sorta di agente di Mediaset all’interno del sistema televisivo pubblico. Era spesso al telefono con gli ex colleghi di Mediaset, coordinando i programmi e discutendo come andavano presentate le notizie. In una conversazione del 2005 parlava di come limitare le notizie sulla morte del papa per non scoraggiare il voto cattolico alle elezioni regionali. Quando il centrodestra è stato sconitto, Bergamini e i suoi colleghi hanno cercato in tutti i modi di ritardare l’uscita della notizia, per essere sicuri che ci fossero meno spettatori, e poi hanno trasmesso i dati nel modo più confuso possibile. Bergamini, che nega ogni collusione con Mediaset, è stata allontanata dalla Rai quando le conversazioni sono diventate di dominio pubblico, ma ha ricevuto 390mila euro di buonuscita. Oggi anche lei siede in parlamento. Gabri, Nunzia e Virginia Prima di lasciare la presidenza del consiglio nel 2006, Berlusconi ha fatto approvare una nuova legge elettorale che garantisce ai leader di partito un potere quasi assoluto sulle candidature. In passato gli elettori potevano votare i singoli candidati. Con la nuova legge, gli italiani possono votare solo per i partiti, e sono i capi dei partiti a decidere le liste elettorali. Chi è in cima alla lista ha maggiori possibilità di essere eletto, mentre le probabilità diminuiscono via via che si scende di posizione. Puoi diventare onorevole solo se hai il benestare del leader di partito. “Sono come il principe azzurro con le zucche: li ho fatti diventare tutti onorevoli”, ha detto una volta Berlusconi riferendosi al suo gruppo parlamentare. La legge prevede anche un premio di maggioranza: un numero di seggi extra per garantire la solidità della coalizione di governo. Recentemente, durante una seduta parlamentare, Berlusconi ha proposto di far votare in parlamento solo i leader di partito, assegnando di fatto a tutti gli altri parlamentari un ruolo puramente decorativo. “Stiamo andando verso un per due mesi e mezzo. La proposta venne formalizzata con un decreto uficiale, improvvisamente ritirato quando la stampa lo venne a sapere. Ma Sanjust in seguito ottenne uno show alla Rai, e l’ex marito, che lavorava per i servizi segreti, ebbe un trasferimento molto ambito. Poi, quando lui e l’ex moglie rimasero invischiati in una battaglia per l’afidamento del iglio, Armati fu rimosso dall’incarico. I legali di Berlusconi ripetono che non ha fatto niente di male e che voleva solo aiutare una giovane donna in dificoltà. Grazie alle norme che i suoi avvocati hanno fatto approvare dal parlamento per garantire l’immunità al presidente del consiglio in carica, anche in questo caso – come in quello di Saccà – probabilmente non sapremo mai se Berlusconi ha violato la legge o meno. Da buon agente dei servizi segreti, Armati ha documentato i rapporti della ex moglie con Berlusconi per possibili usi futuri. Sostiene che Sanjust usò il suo ascendente su Berlusconi per far rimuovere l’ex marito dal suo incarico nei servizi e fargli tagliare drasticamente lo stipendio. Armati ha esposto la sua versione dei fatti in una denuncia presentata al tribunale dei ministri, che giudica eventuali reati commessi dai titolari dei diversi dicasteri. Tra le accuse c’è anche quella, respinta dagli avvocati, che Berlusconi avrebbe dato a Sanjust grosse somme di denaro contante. Anche se non ci sono le prove dei presunti versamenti di denaro, sembra che siano stati presi accordi perché Sanjust potesse vivere in un appartamento affacciato su Campo de’ Fiori (una delle piazze più belle di Roma) dove in precedenza aveva vissuto Armati. Ufficialmente l’appartamento era stato comprato da Salvatore Sciascia, direttore dei servizi iscali della Fininvest, condannato per aver corrotto dei funzionari della guardia di finanza per conto di Berlusconi. Invece di licenziare Sciascia per il suo ruolo nella vicenda delle tangenti, Berlusconi lo ha portato al senato. È uno dei molti senatori che sono stati condannati per reati gravi. Arretrati e sessisti Niente di tutto questo preoccupa l’opinione pubblica italiana. Ed è un fatto che la dice lunga sull’opposizione di centrosinistra. “Il vero dramma qui non è la farsa del sesso, ma il crollo totale del centrosinistra e la sua frammentazione”, modello di democrazia di tipo sudamericano”, afferma Bruno Tabacci, un esponente della vecchia guardia democristiana che sicuramente non è un estremista. Tabacci oggi è all’opposizione, ma ha fatto parte della coalizione di centrodestra di Berlusconi dal 2001 al 2006. In quel periodo ha votato contro le leggi in materia di giustizia penale che sembravano scritte apposta per favorire Berlusconi e i suoi coimputati. Ma con le nuove regole questo dissenso interno è impossibile, spiega: “Oggi i parlamentari sono sostanzialmente nominati, e non eletti. Il parlamento è moribondo”. Gerardo D’Ambrosio, un senatore di centrosinistra che ha fatto il giudice per oltre quarant’anni prima di entrare in politica, è ancora più categorico: da quando Berlusconi ha introdotto l’abitudine di impedire il dibattito sulle leggi importanti chiedendo il voto di iducia, “il parlamento è diventato una farsa”. All’inizio della nuova legislatura un fotografo con il teleobiettivo è riuscito a inquadrare il testo di un biglietto mandato da Berlusconi a due giovani deputate, Gabriella Giammanco e Nunzia De Girolamo, nell’aula della camera: Gabri, Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, vi autorizzo ad andarvene!... Molti baci a tutte e due!!! Il “vostro” presidente. Il fotografo ha colto anche l’inizio della loro risposta: Caro (Presidente) gli inviti galanti li accettiamo solo da lei. Cinque anni fa, Berlusconi vide una graziosa presentatrice televisiva di 26 anni, Virginia Sanjust di Teulada, che dava la notizia di un decreto legge approvato dal suo governo. Il giorno dopo le mandò un sontuoso mazzo di iori con un biglietto di congratulazioni. Lei rispose con un biglietto di ringraziamento dove era indicato il suo numero di cellulare. Subito il premier la chiamò per invitarla a pranzo a palazzo Chigi. Lei accettò. Dopo pranzo, secondo il racconto del suo ex marito, Federico Armati, Berlusconi le avrebbe regalato un braccialetto di brillanti offrendole un contratto di consulenza alla presidenza del consiglio, con un compenso di 36mila euromi dice un amico. La rielezione di Berlusconi, che pure aveva alle spalle due mandati poco brillanti, è dovuta al fallimento del governo di centrosinistra guidato da Prodi, sopravvissuto per appena 18 mesi. Con una maggioranza di un solo voto al senato e una coalizione di nove partiti che non riuscivano a mettersi d’accordo su niente, il governo Prodi è stato incapace di affrontare i gravi problemi del paese, tra cui la lunga crisi dei riiuti a Napoli. Per questo la maggioranza degli italiani non ha esitato a concedere a Berlusconi un potere decisionale straordinario. Appena eletto, ha abolito la tassa di proprietà sulla prima casa, un’iniziativa accolta con grande favore. Facendo intervenire l’esercito, si è mosso rapidamente per togliere la spazzatura dalle strade di Napoli, rivendicando il merito di aver restituito la città al mondo occidentale in appena 58 giorni. Resta il fatto che negli ultimi quattordici anni, cioè da quando Berlusconi domina la scena politica del paese, l’Italia ha subìto un grave declino. Il capitalismo dei vecchi amici si è dimostrato non minile di tutti i grandi paesi europei: un grave ostacolo alla crescita economica e alla produttività, che spiega in parte perché il paese è rimasto in fondo alla classiica dei paesi industrializzati. Uno studio recente della Banca d’Italia ha rivelato che se le donne italiane avessero gli stessi livelli occupazionali degli uomini, il pil del paese sarebbe più alto di 17 punti. Altri studi collegano la natalità italiana, tra le più basse del mondo, all’estrema diseguaglianza tra uomini e donne. Ed è dificile che il potere taumaturgico di Berlusconi possa guarire anche questi mali. p gc solo ineficiente, ma anche corrotto. All’inizio degli anni novanta, il pil italiano era superiore di circa 15 punti a quello della Gran Bretagna, ora è più basso di 23 punti. Quando Wall street è crollata e la crisi inanziaria ha investito l’Europa, Berlusconi ha esortato i connazionali a non nascondere i soldi sotto il materasso, raccomandando di comprare azioni (in particolare quelle di Mediaset) e continuare a spendere. Il quotidiano La Repubblica ha raccontato che mentre andava in una discoteca di Milano Berlusconi ha detto: “Se dormo tre ore, poi ho ancora energia per fare l’amore per altre tre”. La catastrofe finanziaria ha solo aumentato il suo potere, perché come presidente del consiglio avrà senza dubbio il controllo dei fondi pubblici stanziati per le operazioni di salvataggio delle aziende private. Perino il sessismo dilagante nei confronti delle donne in politica – il fatto che siano diventate un semplice ornamento politico – non è privo di conseguenze economiche. L’Italia ha la più bassa percentuale di occupazio femminile di tutti i grandi paesi europei: un grave ostacolo alla crescita economica e alla produttività, che spiega in parte perché il paese è rimasto in fondo alla classiica dei paesi industrializzati. Uno studio recente della Banca d’Italia ha rivelato che se le donne italiane avessero gli stessi livelli occupazionali degli uomini, il pil del paese sarebbe più alto di 17 punti. Altri studi collegano la natalità italiana, tra le più basse del mondo, all’estrema diseguaglianza tra uomini e donne. Ed è dificile che il potere taumaturgico di Berlusconi possa guarire anche questi mali.
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