sabato 21 giugno 2008

Mafia e politica nell’Italia di Berlusconi
[El Paìs]

TRIBUNA: ALEXANDER STILLE

I capi mafia hanno rapporti con i politici siciliani e napoletani, che, a loro volta, sostengono i leader nazionali. E tutti loro prendono parte ad una lotta contro il potere giudiziario. Però, attenzione a chi osa parlarne! 31/05/2008 Nel 2001, un capo della mafia siciliana di nome Giuseppe Guttadauro noto’ d’improvviso qualcosa di strano nel suo salotto, che risultò essere un dispositivo elettronico di ascolto. “Così, Totò Cuffaro aveva ragione!”, ha esclamato. Sono state le ultime parole sentite dalla polizia dette da Guttadauro prima di scollegare il microfono e, quindi, interrompere l’inchiesta. Il nome che è stato pronunciato non era niente di meno che quello del presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, Totò per i suoi amici. La conversazione è stata una delle principali prove che hanno consentito quest’anno di condannare Cuffaro per complicità con diversi mafiosi che erano sotto indagine penale.Tuttavia, nonostante questa condanna, che è attualmente in fase di ricorso, Cuffaro è riuscito ad essere eletto il mese scorso al Senato italiano dalla piccola parte cattolica, di sezione centrista.L’ascolto dal salone di Guttadauro, prima che lui scollegasse, fornisce un utile quadro di come la mafia pensa e parla di politica. “Totò Cuffaro è la cosa migliore che potremmo chiedere,” dice l’interlocutore di Guttadauro, un medico di nome Salvatore Aragona. “Speriamo che vinca la destra”, ha detto Guttadauro, “Berlusconi, per risolvere i suoi problemi, deve risolvere anche i nostri.”Ci sono buone ragioni di credere che questo è vero. Da quando è salito al potere per la prima volta nel 1994, Berlusconi ha condotto un’ inesorabile campagna per indebolire i poteri della magistratura italiana, che ha sottoposto lui e vari suoi collaboratori a processi per accuse che vanno dalla corruzione alla collusione con la mafia. Uno dei migliori amici ed ex capo del partito di Berlusconi, Marcello Dell’Utri, di Palermo, è stato dichiarato colpevole di questi ultimi. E dopo che accusarono Cuffaro di aver informato Guttadauro, Berlusconi stesso lo ha chiamato per manifestare la sua solidarietà e dirgli: “Ho parlato con il Ministro degli Interni e mi ha detto che tutto è sotto controllo”. Nella stessa conversazione, Cuffaro ha detto a Berlusconi: “Già sai che ti vogliamo bene e che sei nelle mie preghiere ogni mattina.”Questa serie di colloqui mostra come la mafia si è inserita nella vita politica dell’Italia. I suoi capi locali hanno legami con i politici siciliani, ai quali danno il denaro e dai quali ricevono favori, sia sotto forma di appalti pubblici o avvisandoli quando le loro società sono sotto inchiesta. Da parte loro, i politici locali accumulano basi di potere significativi e un gran numero di fedeli elettori, e i politici nazionali cercano tali contatti e, a loro volta, li aiutano. Si tratta di un sistema basato sul clientelismo e sul potere, che ha il sostegno della criminalità organizzata.Anche se ci sono testimoni che sostengono che la mafia ha fatto un patto con Berlusconi, e che Marcello Dell’Utri è il loro intermediario, non è necessario credergli per rendersi conto che c’è in ogni caso, un rapporto molto insano. La mafia, come rendono chiare le dichiarazioni del boss Guttadauro, agisce partendo dal principio che il nemico del mio nemico è mio amico. E sia la mafia che Berlusconi stanno scatenando da tempo una guerra incessante contro la magistratura italiana. Con qualche aiuto da parte del centro-sinistra, bisogna riconoscerlo, la coalizione di Berlusconi ha riscritto il diritto penale in modo tale che ora è infinitamente più difficile condannare imputati di tutti i tipi, inclusi i mafiosi. La lunghezza dei processi è raddoppiata ed i cambiamenti giuridici offrono mille opportunità per ritardare o revocare i processi basandosi su piccoli dettagli tecnici, con il risultato che, quindi, è già trascorso troppo tempo dal momento in cui è stato commesso il reato. In quasi tutti i paesi, i tempi di prescrizione vengono calcolati a partire dall’inizio delle azioni giudiziarie, ma in Italia non è il caso, e quindi molte condanne si eludono semplicemente grazie ai ritardi. Inoltre, il Parlamento italiano ha rimosso i carceri speciali per i più pericolosi capi mafia, che impedivano loro quasi completamente di comunicare con le loro organizzazioni, e ha ridotto i vantaggi per i testimoni che cooperano. Inoltre, il centro-sinistra del governo di Romano Prodi, con sostegno entusiasta del centro-destra, ha approvato un’amnistia che ha permesso la liberazione di 26.000 prigionieri; ha impedito al principale avvocato di Berlusconi, Cesare Previti, condannato per corruzione di giudici, di andare in prigione, e ha messo in strada diversi accusati di appartenenza alla criminalità organizzata. Tutto questo non solo è moralmente ripugnante, ma è di cruciale importanza per il mandato del nuovo Governo di centro-destra. Tra i più importanti temi della recente campagna elettorale ci sono stati la criminalità e la sicurezza. Per trattare ciò, il governo dovrà cambiare la sua politica in materia di giustizia penale. Come ha recentemente affermato Antonio Manganelli, capo della polizia italiana, “molto di ciò che facciamo è inutile a causa del funzionamento giudiziario. Abbiamo un sistema di giustizia che è lento e complicato che fa si che la polizia compia sforzi invano.” Inoltre, la coalizione di Berlusconi si basa su una profonda contraddizione. Da un lato, è molto forte nel nord, dove il gruppo è alleato con gli autonomisti della Lega Nord. Dall’altro, ha grande forza nel sud, dove il centro-destra è supportato da un sistema di clientelismo che ha notevolmente beneficiato dalle bande della criminalità organizzata. La Lega Nord, il principale vincitore alle elezioni del mese scorso, sta contro il fatto che il denaro delle imposte del nord si utilizzi per sostenere uno stato sociale nel sud.Un altro importante aspetto della campagna è stato il disastro dei rifiuti che si accumulano nelle strade di Napoli e di altre città vicine. Nel sud Italia, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti è in gran parte nelle mani della criminalità organizzata. Pertanto, per ripulire Napoli, il governo deve affrontare la camorra, la versione napoletana della mafia. E la presenza di numerosi politici (molti di più di quelli menzionati qui) che hanno legami amichevoli con la criminalità organizzata mette l’attuale governo in rotta di collisione tra il mandato di cambiamento che ha promesso agli elettori e il radicato sistema di clientelismo nel sud, di cui la Mafia è un pilastro fondamentale.Tuttavia, la presenza di numerose figure note per i legami con la criminalità organizzata nella lista elettorale dal centro-destra non è stata una questione di cui si è discusso in campagna. La coalizione di Berlusconi ha incluso il suo buon amico Marcello Dell’Utri, nonostante la sua condanna per le relazioni con la mafia, in piena campagna, Dell’Utri ha fatto alcune strane dichiarazioni che hanno fatto riferimento ad un mafioso di nome Vittorio Mangano -condannato tra l’altro per omicidio e traffico di eroina- che lui ha qualificato come “eroe”. Dell’Utri aveva assunto negli anni settanta Mangano a lavorare per Berlusconi, tra le altre cose per prendere e portare i suoi figli a scuola. Mangano ha continuato ad essere nei suoi libri paga, anche dopo aver smesso di lavorare e dopo che la sua lunga fedina penale è venuta alla luce. In campagna, Dell’Utri ha lodato Mangano per aver rifiutato di testimoniare contro di lui e contro Berlusconi ed aver preferito l’omertà tradizionale del mafioso. Berlusconi, invece di distanziarsi dalle lodi che Dell’Utri aveva detto ad un assassino e narcotrafficante, ha aggiunto la sua voce alle elogi dell’ “eroe” Mangano.Il nuovo presidente della Camera Bassa del Parlamento, Renato Schifani, ha avuto rapporti d’affari con due uomini che sono stati successivamente condannati per appartenenza alla Mafia, ed ha ricevuto un contratto lucrativo per modificare la classificazione del terreno in una cittadina siciliana il cui Consiglio è stato sciolto due volte per essere sotto il controllo della mafia. Tuttavia, quando il giornalista italiano Marco Travaglio ha menzionato questi dati –che sono stati negati un paio di giorni fa in televisione, è scoppiato il caos. Ma la rabbia e l’indignazione non si sono innescate nei confronti del politico per le sue liaisons pericolose, ma contro il giornalista e quelli che gli avevano permesso di parlare in televisione.

Alexander Stille è professore presso la Columbia University, New York, esperto di mafia

mercoledì 4 giugno 2008

La odiosa offensiva mediatica contro Napoli e i suoi abitanti.
di Nicolai C. (4 giugno 2008)

Da quando si é insediato il nuovo governo la strategia del capitalismo di imporre una serie di inceneritori e quindi garantirsi una rendita pagata dai cittadini per qualche decennio ha avuto una accelerazione e un coordinamento che sta avendo conseguenze molto negative sul modo di vedere la realtá da parte di molti cittadini.
Il nocciolo della questione é noto ormai a tutti. Il gruppo camorro-imprenditorial-politico (CAMOIMPREPOL) vuole costruire gli inceneritori, perché con la loro costruzione guadagnerá una barca di soldi, (anche perché il costo sará moltiplicato nel corso dell'opera).
Per il loro funzionamento hanno bisogno di quanta piú monnezza é possible (saranno pagati per tanto al quintale). Per questo hanno sabotato tutte le proposte regolarmente documentate e i progetti presentati dalle organizzazioni dei cittadini e anche delle istituzioni, per attuare la raccolta differenziata e il trattamento a freddo. Il CNR del resto ha giá da tempo un progetto pronto per il trattamento meccanico a freddo di tutti i rifiuti e che abbisogna di solo 4 mesi per montarlo e entrare in funzione.
Tutto ció é ormai risaputo. Per neutralizzare questa presa di coscienza del problema e quindi dell'individuazione dei veri responsabili il Camoimprepol é passato al contrattacco dando via a una campagna di diffamazione della popolazione napoletana. La strategia é classica: prima di attaccare il nemico bisogna mostrarlo non come essere umano ma come sottospecie animale che non merita nessun riguardo. La stessa strategia fu usata dal Piemonte all'epoca della conquista del Sud e della sua colonizzazione. Da allora non c'é stata nessuna sosta nel processo di diffamazione e conseguente appropriazione di tutto quanto era possible espropriare. Purtroppo la batosta delle elezioni ha creato un tale sbandamento mentale in tutti settori della sinistra che quasi non si riesce a ragionare piú con la propria testa libera dall'inquinamento della propaganda. Vale per tutto la sorpresa e indignazione del Manifesto per i fatti di Ponticelli "rossa"contro i Rom. L'idea é che la massa deve appoggiare un certo partito perché questo per definizione difende i suoi interessi. Questa puó essere una conclusione mentale, che peró non ha piú riscontro con la realtá. Le politiche del capitalismo degli ultimi anni hanno aggravato le condizioni di vita materiali e morali di tutta la popolazione. Il senso di rivolta contro le ingiustizie ha conosciuto una straordinaria accumulazione negli ultimi anni, che oscilla tra la violenza e la disperazione. E che sta lí, e che si muoverá. In che senso questo é da vedere. Nella Storia della Rivoluzione russa Trotsky analizza ïl potenziale di insoddisfazione e di rivolta che si era accumulato nella gioventú europea dell'epoca e di come il capitalismo riuscí a incanalare questa energia nella 1a Guerra mondiale. Anche allora il Partito socialista si svuotó di contenuto e votó i crediti di guerra cosí come i sindacati si sbandarono a tal punto che successivamente aderiranno al fascismo.
La popolazione della provincia di Napoli, Acerra, Chiaiano, Pianura ha il grande merito di stare svolgendo un ruolo ( bon gré mal gré) che é di sbudellare il problema degli inceneritori, proprio quando nessuno ci avrebbe mai pensato. Ha spinto la gente a informarsi sulla diossina, su che cosa sono le nanoparticelle, quali effetti nocivi presentano, a rispolverare Lavoisier ("nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma"). É certo che nei movimenti di massa c'é di tutto, peró guai a condannarli a causa della loro composizione chimica. Al contrario é importante vedere qual é la posta in gioco. Berlusconi ha deciso di partire da Napoli per un confronto con la popolazione per imporre un regime di autarchia dove ogni opposizione é illegale. Contando sul fatto che la maggioranza in Campania lo ha votato e spera in lui. Ma soprattutto contando con l'appoggio della camorra, co`1n la quale spartire il potere, seguendo la lezione di Garibaldi e degli Alleati nella 2a Guerra. Per lui Napoli é diventata la roccaforte da abbattere e l'occasione per imporre le misure di controllo delle istituzioni affinché nessuna voce possa opporsi. Per l'Italia, dunque non solo per Napoli, questa é una trincea dalla quale o si esce vincitori o si soccombe per un bel periodo. Ma questo a Chiaiano lo hanno giá capito.


Nicolai

lunedì 2 giugno 2008

Chiediamo l'impossibile, chiediamo il comunismo

Chiediamo l'impossibile
di Slavoj Zizek da Internazionale del 23/29 maggio 2008

Una delle scritte più famose apparse sui muri di Parigi nel 1968 era: "Le strutture non sfilano per strada!". Voleva dire che non si potevano spiegare le grandi manifestazioni di studenti e operai del '68 in termini strutturalisti, cioè come eventi determinati dai cambiamenti strutturali della società. Secondo Jacques Lacan, invece, nel 1968 successe proprio questo: le strutture scesero per strada. Quell'esplosione di avvenimenti sotto gli occhi di tutti fu in definitiva il risultato di uno squilibrio strutturale: il passaggio da una forma di dominio a un'altra. Ovvero, in termini lacaniani, il passaggio dal discorso del padrone al discorso dell'università.
E' uno scetticismo giustificato, come hanno osservato Luc Boltanski ed Eve Chiapello nel loro "Le nouvel esprit du capitalisme", dagli anni settanta in poi si è gradualmente affermata una nuova forma di capitalismo, che ha abbandonato la struttura gerarchica fordista del processo di produzione per sviluppare una forma di organizzazione a rete, basata sull'iniziativa dei dipendenti e l'autonomia sul posto di lavoro. Invece di una catena di comando centralizzata, abbiamo delle reti con una moltitudine di partecipanti che organizzano il lavoro in equipe o seguendo un progetto, attenti alla soddisfazione del cliente, al benessere del pubblico, all'ambiente eccetera. In questo modo il capitalismo ha perfino usurpato la retorica dell'autogestione operaia cara all'estrema sinistra e l'ha trasformata da slogan anticapitalista in motto capitalista: il socialismo è stato liquidato come un'ideologia conservatrice, gerarchica, burocratica. La vera rivoluzione è quella del capitalismo digitale. Ciò che è sopravvissuto della liberazione sessuale degli anni sessanta è l'edonismo tollerante facilmente inglobato nella nostra ideologia dominante. Oggi il piacere sessuale non solo è permesso, ma è stabilito per decreto: chi non è capace di godere si sente in colpa. La voglia di provare delle forme radicali di piacere (attraverso nuove esperienze sessuali, droghe o altri modi di cadere in trance) è apparsa in un preciso momento politico: quando "lo spirito del '68" ha esaurito il suo potenziale politico. In quel momento critico (a metà degli anni settanta), l'unica scelta che restava era una spinta diretta e brutale verso il reale, che assunse tre forme principali: la ricerca di un piacere sessuale estremo, l'attenzione per la realtà di un'esperienza interiore (il misticismo orientale) e, infine, il terrorismo politico di sinistra (la Raf in Germania, le Brigate rosse in Italia, eccetera). La scommessa del terrorismo politico di sinistra era questa: quando le masse sono totalmente sprofondate nel sonno ideologico capitalista, la critica tradizionale dell'ideologia non è più efficace e solo il ricorso alla cruda realtà della violenza diretta - l'action directe - può risvegliarle. L'elemento comune a queste tre scelte è il ritiro dall'impegno socio-politico concreto e il tentativo di entrare in contatto diretto con il reale. Ricordiamo la sfida di Lacan agli studenti che protestavano: "Come rivoluzionari, siete degli isterici che vogliono un nuovo padrone. E lo avrete". E oggi lo abbiamo davvero: un padrone postmoderno, permissivo, il cui dominio è ancora più forte perchè meno evidente. Anche se questo passaggio è stato accompagnato da molti cambiamenti positivi (come le nuove libertà e l'accesso delle donne a posizioni di potere), bisognerebbe comunque insistere sulla domanda più difficile: il passaggio da uno spirito del capitalismo all'altro fu davvero tutto quello che successe nel '68? E tutta quella sbronza entusiasmante di libertà fu davvero solo un mezzo per sostituire una forma di dominio con un'altra?
Molti segnali indicano che le cose non sono così semplici. Se guardiamo alla nostra situazione con gli occhi del '68, dovremmo ricordare la vera eredità di quell'anno: l'essenza del '68 fu un rifiuto netto del sistema capitalista liberale nel suo complesso. E' facile fare dell'ironia sull'idea della fine della storia teorizzata da Francis Fukuyama, ma oggi la maggioranza delle persone è fukuyamista: il capitalismo liberal-democratico ci fa credere di aver finalmente scoperto la formula della migliore società possibile, e tutto quello che si può fare è renderla più giusta e tollerante. La domanda che dovremmo farci davvero oggi è: accettiamo questa naturalizzazione del capitalismo, o il capitalismo globale contiene degli antagonismi abbastanza forti da impedire al sistema di riprodursi all'infinito? Questi antagonismi sono almeno quattro: la minaccia incombente di una catastrofe ecologica, un'idea della proprietà privata inadeguata a definire la cosiddetta "proprietà intellettuale", le implicazioni etiche e sociali dei nuovi sviluppi tecnico-scientifici (specialmente nella biogenetica) e, infine, le nuove forme di apartheid, i nuovi muri e i nuovi slum. L'11 settembre 2001 sono state colpite le torri gemelle. Dodici anni prima, il 9 novembre 1989, era caduto il muro di Berlino. Quel giorno annunciava "i felici anni novanta", il sogno di Francis Fukuyama della fine della storia, la convinzione che la democrazia liberale in linea di principio avesse vinto, che la ricerca fosse finita, che l'avvento di una comunità mondiale liberale e globale fosse proprio dietro l'angolo, che gli ostacoli a questo lieto fine ultraholliwoodyano fossero meramente empirici e contingenti (semplici sacche di resistenza dove i leader non avevano capito che il loro tempo era finito). L'11 settembre è, invece, il simbolo più importante della fine dei felici anni novanta clintoniani, il simbolo di una nuova era in cui sorgono ovunque nuovi muri, tra Israele e la Cisgiordania, intorno all'Unione europea o alla frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti.
I primi tre antagonismi riguardano le sfere di quelli che Michael Hardt e Toni Negri chiamano "beni comuni", la sostanza condivisa del nostro essere sociale. La privatizzazione di questi beni comuni è un atto violento a cui bisognerebbe resistere, se necessario, anche con la violenza. Ci sono beni comuni di natura esterna (come il petrolio, le foreste e il nostro stesso habitat naturale) minacciati dall'inquinamento e dallo sfruttamento, beni comuni di natura interna (l'eredità biogenetica del genere umano) e beni comuni della cultura, cioè delle forme direttamente socializzate di capitale "cognitivo", come la lingua, i mezzi di comunicazione, l'istruzione, ma anche le infrastrutture condivise del trasporto pubblico, dell'elettricità, della posta, eccetera. Se non fosse stato impedito il monopolio di Bill Gates, si sarebbe creata una situazione assurda: un singolo individuo avrebbe controllato tutto il software della nostra rete di comunicazione fondamentale. Pian piano ci stiamo rendendo conto delle potenzialità distruttive che potrebbero scatenarsi - fino all'autoannientamento del genere umano - se la logica capitalistica delle enclosures, delle recinzioni di questi beni comuni, riuscirà ad affermarsi liberamente. L'economista Nicholas Stern ha ragione quando afferma che che il cambiamneto del clima è "il più grande fallimento del mercato nella storia dell'umanità". La necessità di creare lo spazio per un'azione politica globale in grado di neutralizzare e incanalare i meccanismi di mercato non rappresenta forse una prospettiva realmente comunista? Il riferimento ai beni comuni giustifica quindi la resurrezione del concetto di comunismo: ci permette di vedere l'attuale recinzione dei beni comuni come un processo di proletarizzazione di tutti quelli che vengono esclusi dalla loro stessa sostanza. In antitesi con l'immagine classica dei proletari che "non hanno nulla da perdere se non le loro catene", rischiamo tutti di perdere tutto: rischiamo di essere ridotti a un vuoto e astratto soggetto cartesiano privo di ogni contenuto sostanziale, spogliati della nostra sostanza simbolica, con la nostra base genetica manipolata, costretti a vegetare in un ambiente invivibile. Questa triplice minaccia al nostro intero essere in un certo senso rende ciascuno di noi un potenziale proletario, e l'unico modo per non diventarlo davvero è agire preventivamente. Il vero retaggio del '68 è racchiuso soprattutto nella formula: "Siamo realisti, chiediamo l'impossibile!".